Il nuovo contratto rinvia la disciplina dei buoni pasto al criterio della ragionevolezza

I buoni-pasto costituiscono un’indennità sostitutiva del servizio di mensa la cui erogazione è fortemente dipendente da una determinazione unilaterale dell’ente che deve tenere conto sia dell’assetto organizzativo, che della disponibilità delle risorse finanziarie da destinare a tale finalità, oltreché dell’utilità che tale spesa è in grado di produrre in ordine al conseguimento delle finalità tipiche dell’istituto.
L’articolo 26 del nuovo contratto delle funzioni locali, la cui pre-intesa è stata siglata il 21 febbraio scorso, opera un rinvio alla disciplina previgente, di cui agli articoli 45 e 46 del Ccnl del 14.9.2000 e all’articolo 13 del Ccnl 9.5.2006, aggiungendo alcune importanti novità alla disciplina delle pause di lavoro.

Lo spazio decisionale degli Enti

In linea generale, si può confermare che non è ipotizzabile, a priori, alcun diritto soggettivo dei dipendenti all’attivazione del servizio mensa, né all’erogazione dei buoni pasto sostitutivi; spetta all’ente, infatti, attivare il servizio laddove sussistano le condizioni per il relativo finanziamento, cioè se il bilancio dell’amministrazione ha a disposizione adeguate risorse economiche da destinare a tale scopo e se l’attivazione di tale servizio possa generare utilità, per l’amministrazione, a fronte della spesa da sostenersi. Se ciò è vero, a maggior ragione l’ente può decidere, una volta attivato il servizio, di stabilire - in presenza di condizioni critiche sopravvenute in relazione alla capacità del proprio bilancio o qualora siano venute meno le risorse finanziarie a ciò destinate o, ancora, l’utilità tratta dal servizio non giustifica più la spesa da sostenersi - la sospensione del servizio stesso se la criticità è temporanea o, addirittura, di disattivarlo a tempo indefinito e fino a quando le condizioni finanziarie non ne consentano la riattivazione, laddove vi siano condizioni di obiettiva insostenibilità della relativa spesa o l’utilità prefigurata non sia più compatibile con la spesa sostenuta. In questo ambito decisionale, poi, lo spazio determinativo degli enti non è comprimibile, né può essere oggetto di contrattazione. Il richiamo dell’articolo 45 del Ccnl 14.9.2000 consente di confermare che l’avvio del servizio mensa o dei buoni-pasto sostitutivi deve essere oggetto di mero confronto sindacale, secondo la disciplina che di questa modalità relazionale (finalizzata a consentire, entro trenta giorni dall’avvio, ai soggetti sindacali di “esprimere valutazioni esaustive e di partecipare costruttivamente alla definizione delle misure che l’ente intende adottare”) viene offerta dall’articolo 5 del nuovo Ccnl delle funzioni locali.
Lo spazio dispositivo degli enti, poi, una volta verificata la compatibilità con le risorse di bilancio e la sussistenza delle finalità tipiche dell’istituto, riguarda anche aspetti specifici che determinano il diritto all’erogazione, i quali, a loro volta, possono essere influenzati dalla disponibilità di risorse economiche. Fermo restando quanto previsto dal Ccnl in ordine alla durata minima e massima della pausa tra la prestazione lavorativa antimeridiana e quella pomeridiana, spazio temporale che deve essere almeno di 30 minuti ed, in linea generale, di un’estensione massima di 2 ore, l’ente può stabilire quale debba essere la durata minima della prestazione antimeridiana, prima della pausa per la consumazione del pasto, e la durata minima della prestazione lavorativa pomeridiana, successiva alla pausa lavorativa, affinché possa legittimamente maturare il diritto alla percezione del buono-pasto; tale aspetto organizzativo, rispetto al quale l’ente è dotato di una piena autonomia e di un’ampia discrezionalità operativa, può, certamente, essere influenzato anche da una limitata disponibilità di risorse economiche a carico delle provviste di bilancio, oltre che dalle specifiche esigenze funzionali ed organizzative dell’ente. [Continua in Allegato PDF]

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